L’ozio forzato ci sfinisce Ora basta, fateci lavorare

Data pubblicazione: 14 Ago, 2011
Categoria: Rassegna stampa

L’ozio forzato ci sfinisce Ora basta, fateci lavorare

I dieci profughi dalla Libia ospiti a Cinisello chiedono il riconoscimento dello status di rifugiati politici per poter cercare un impiego. Ma la burocrazia non risponde

Cinisello Balsamo, 14 agosto 2011 – Dalla Libia a Cinisello Balsamo. Per scappare dalle bombe e dalla guerra. Ma anche per sperare in un futuro migliore. Quel futuro migliore che per ora si infrange contro il muro della burocrazia: e cos’è, quel tanto atteso foglio che attesterebbe il loro status di «rifugiati», i dieci africani adottati da Cinisello Balsamo lo attendono da troppo tempo. Passerà uguale agli altri giorni il loro Ferragosto cinisellese: alloggiati presso l’Hotel Lincoln, in villeggiatura dopo i mesi trascorsi all’Hotel Villa Ghirlanda, chiuso per qualche settimana di ferie, i dieci profughi scappati dalla Libia fanno vita da cittadini.

Partite di calcio, nuoto, e corsi di lingua: il tutto grazie alla rete solidale che si è attivata tra la Protezione Civile, responsabile dell’accoglienza, Caritas e altre associazioni della città. Tra una partitella a calcio con i ragazzi dell’associazione Altropallone, una bracciata nell’acqua fresca della piscina Paganelli e qualche ora sui libri per imparare la nostra lingua, i dieci ragazzoni africani ripensano alla guerra che si sono lasciati alle spalle, e sognano di poter lavorare qui, in Italia. I racconti delle loro fughe sono per certi versi drammatici, i loro occhi rievocano il peso di una fuga che gli cambierà per sempre la vita. «Sono qui dal 12 maggio» racconta Vincenzo Acquachiara, presidente del Nucleo Volontari Protezione Civile di Cinisello. «La rete che si è attivata in città, è un buon segno di speranza».

Muratori, falegnami, operai: dalla Costa d’Avorio, Nigeria, Ghana, Burkina Faso e dal Mali le loro vite si sono fermate in Libia per lavoro. Poi lo scoppio della guerra, le rivolte in strada. «Ho visto i miei amici morire» racconta più di uno di loro «Sparavano a tutti. E nell’entroterra la guerra era terribile, i bombardamenti hanno distrutto tutto. L’unica via di salvezza era il mare, il Mediterraneo».

C’è chi ha investito i risparmi per salire su quel barcone che ha attraccato nel nostro Meridione, e chi invece ha dovuto farsi prestare i soldi da qualche amico. «Anche tornare a casa non sarebbe una cosa buona per la nostra vit” racconta un giovane nigeriano “Anche nel mio paese c’è la guerra, ci sono lotte continue tra musulmani e cristiani».

Cinisello gli piace, l’Italia gli piace: il loro sogno è quello di potersi costruire un futuro qui nel nostro Paese. Ma intanto, in attesa di dare il via a questo desiderio, devono attendere i documenti. Altrimenti, niente possibilità di lavoro. «Vogliamo lavorare», dicono tutti, ognuno per un motivo diverso: qualcuno deve mandare i soldi in patria, qualcun altro invece vuole costruirsi la sua nuova vita, dimenticare il peggio, lasciarsi alle spalle la Libia, la guerra, l’Africa. Nuotano, corrono al Parco Nord e giocano a calcio: sono determinati.

La settimana prossima faranno solo due ore di lezione di italiano, grazie ai volontari che gli insegnano la lingua alle scuole Mazzarello; ma questo non gli basta. «Solo due giorni sono pochi», vogliono darsi da fare perchè ovviamente la lingua è tesoro. «Le loro giornate passano così» conclude Enzo «Noi passiamo di qui quotidianamente per assistenza, o anche solo per salutare. I bisogni sono sempre tanti, dai vestiti, agli spazzolini, passando per le ricariche del telefono con cui possono mettersi in contatto con i familiari». Ieri piccolo momento di festa: una signora della città  ha dato a Enzo 50 euro da dare ai ragazzi. Cinque euro a testa; tutti contenti. Un altro giorno è passato, con una bella sorpresa.

di Andrea Guerra

 

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