Rischio vulcanico
Il vulcanismo in Italia deve la sua origine ad un ampio processo geologico che ha interessato tutta l’area mediterranea, legato alla convergenza tra la placca tettonica eurasiatica e quella africana.
Il processo, iniziato 10 milioni di anni fa, contemporaneamente alla costruzione dei rilievi montuosi della catena appenninica, è dovuto allo scorrimento della placca africana sotto quella euroasiatica e alla conseguente formazione di aree caratterizzate da vulcanismo. È infatti in queste aree che, all’interno della terra, si realizzano le condizioni per la formazione dei magmi e per il loro trasporto verso la superficie.
Sebbene meno frequenti e devastanti dei terremoti, le eruzioni vulcaniche rappresentano un forte rischio per le zone densamente popolate del territorio italiano.
Il rischio vulcanico si può definire come il prodotto della probabilità di occorrenza di un evento eruttivo per il danno che ne potrebbe conseguire. Il rischio è traducibile nell’equazione R = P x V x E, dove:
- P = Pericolosità (Hazard): è la probabilità che un fenomeno di determinata intensità si verifichi in un certo intervallo di tempo e in una data area;
- V = Vulnerabilità: la vulnerabilità di un elemento – persone, edifici, infrastrutture, attività economiche – è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità;
- E = Esposizione o Valore esposto: è il numero di unità, o “valore”, di ognuno degli elementi a rischio, come vite umane o case, presenti in una data area.
In generale la Vulnerabilità delle persone e degli edifici risulta sempre elevata quando si tratta di fenomenologie vulcaniche. Il rischio è minimo solo quando lo sono anche la Pericolosità o il Valore esposto. È il caso di vulcani “estinti”; vulcani che presentano fenomenologie a pericolosità limitata; oppure di vulcani che si trovano in zone non abitate.
Quanto maggiore è la probabilità di eruzione, tanto maggiore è il rischio. A parità di Pericolosità invece il rischio aumenta con l’aumentare dell’urbanizzazione dell’area circostante il vulcano. Per fare un esempio, il rischio è più elevato per il Vesuvio, nei cui dintorni vivono circa 600 mila persone, piuttosto che per i vulcani dell’Alaska, che si trovano in zone a bassa densità di popolazione.
Rischio vulcanico: il fenomeno
Le eruzioni vulcaniche si verificano quando il magma, proveniente dall’interno della Terra, fuoriesce in superficie. Possono avvenire dalla bocca del vulcano – è il caso del Vesuvio – o da bocche che si aprono in punti diversi, nel caso dei Campi Flegrei o dell’Etna. La durata delle eruzioni vulcaniche è variabile: possono durare poche ore o anche decine d’anni. Il vulcano Kilauea nelle isole Hawaii, ad esempio, è in eruzione dal 1983.
In genere, la presenza o la risalita del magma all’interno dell’edificio vulcanico è accompagnata da fenomeni denominati “precursori”, anche se sarebbe più appropriato considerarli come indicatori di un processo in atto, tra cui:
- l’innesco di fratture (terremoti) causato dall’induzione di tensioni meccaniche nelle rocce;
- il rigonfiamento o cambiamento di forma dell’edificio vulcanico provocato dall’intrusione del magma;
- variazioni del campo gravimetrico e magnetico nell’intorno dell’edificio vulcanico;
- l’incremento e cambiamento di composizione delle emanazioni gassose dai crateri e dal suolo;
- variazioni delle caratteristiche fisico-chimiche delle acque di falda.
Questi fenomeni, che accompagnano la risalita del magma, possono essere rilevati da opportune reti strumentali fisse, in acquisizione 24 ore al giorno, oppure attraverso la reiterazione periodica di campagne di misura.
Bisogna tener presente che, anche se i fenomeni vengono puntualmente studiati e monitorati, come nel caso dei vulcani italiani, in ogni caso permane sempre un elevato livello di incertezza, spesso legato alle specifiche caratteristiche del vulcano, che rende sostanzialmente impossibile stabilire con evidenza assoluta quando e come potrà avvenire un’eruzione vulcanica: non è ipotizzabile allo stato attuale delle conoscenze, quindi, alcuna forma di previsione deterministica.
Classificazione
Per i vulcani non esiste una scala di magnitudo come quella usata per i terremoti ma vi sono diverse misure e informazioni che possono aiutare nella classificazione delle eruzioni.
Una prima classificazione distingue le eruzioni vulcaniche in effusive o esplosive. Le prime sono caratterizzate da una bassa esplosività e da emissioni di magma fluido che scorre lungo i fianchi del vulcano. Nelle seconde, il magma si frammenta in brandelli di varie dimensioni, chiamati piroclasti, che vengono espulsi dal vulcano con violenza.
Una seconda classificazione delle eruzioni vulcaniche si ottiene dalla combinazione di dati quantitativi (come volume dei prodotti emessi, frammentazione del magma ed altezza della colonna eruttiva) e da osservazioni qualitative. Si esprime attraverso l’Indice di Esplosività Vulcanica, (VEI) – Volcanic Explosivity Index – un indice empirico che classifica l’energia delle eruzioni esplosive con valori che vanno da 0 a 8. In base a questa classificazione, le eruzioni si distinguono in: Hawaiana, Stromboliana, Vulcaniana, Sub-pliniana, Pliniana, Ultra-pliniana.
Prodotti
Da eruzioni effusive si generano prevalentemente colate di lava. Esse scorrono sulla superficie terrestre con una temperatura che va dai 700°C ai 1200°C e con una velocità che dipende dalla viscosità del magma.
Da eruzioni esplosive si origina invece la ricaduta di materiali grossolani (bombe e blocchi) e di materiali fini (cenere e lapilli). Le bombe vulcaniche sono frammenti di lava che, espulsi dal vulcano, si raffreddano fino a solidificarsi prima di raggiungere il suolo, acquisendo forme aerodinamiche durante il loro volo. I blocchi, invece, sono frammenti di roccia di dimensioni variabili, strappati dalle pareti del condotto vulcanico durante l’esplosione. Anche lapilli e ceneri sono frammenti di magma espulsi durante un’eruzione esplosiva ma si tratta di materiali molto più fini. Le ceneri, in particolare, sono minuscole e possono essere trasportate dal vento anche per centinaia o migliaia di chilometri.
Durante le eruzioni esplosive, si possono generare colonne eruttive sostenute di gas e frammenti di roccia. Dal collasso di tali colonne, possono originarsi le colate piroclastiche, ovvero nubi più dense dell’aria, costituite da frammenti di rocce e gas, e caratterizzate da elevata temperatura e velocità, che scorrono lungo i fianchi del vulcano.
Il materiale piroclastico derivante da eruzioni esplosive, se mescolato ad acqua, può portare alla formazione di colate di fango – o lahars – che scorrono, con elevata energia e velocità, lungo le pendici del vulcano, incanalandosi preferibilmente lungo le valli fluviali.
Vicino ai crateri o ai fianchi di vulcani attivi e in aree idrotermali in cui i centri vulcanici non sono più attivi spesso si verificano anche emanazioni di vapore e di altri gas vulcanici. Fuoriescono da piccole ma profonde fessure nel suolo nelle quali si raggiungono temperature che vanno da circa 100°C fino a 900°C. A contatto con l’aria, a causa della sensibile diminuzione di temperatura, i gas condensano formando i caratteristici “fumi” e concrezioni.
Effetti sul territorio
L’attività di un vulcano può essere caratterizzata dall’emissione di modeste quantità di lava, con limitati effetti sull’ambiente, o al contrario da eventi eruttivi catastrofici capaci di modificare profondamente l’ambiente circostante il vulcano e perturbare il clima anche a livello globale.
Vi sono inoltre altri fenomeni che, anche se non direttamente connessi all’attività vulcanica e poco frequenti, risultano pericolosi e possono determinare significative variazioni sul territorio.
Il movimento o la caduta di materiale roccioso o sciolto, a causa dell’effetto della forza di gravità, può generare alcune frane. Questi fenomeni di instabilità possono interessare tutti gli edifici vulcanici i cui fianchi acclivi sono spesso costituiti da materiale incoerente, e quindi facilmente mobilizzabile. Possono dare luogo a profonde trasformazioni e innescarsi in seguito a intensa fratturazione, attività sismica o eruzioni.
Attività vulcanica sottomarina, terremoti sottomarini e frane che si riversano in mare possono dare origine a maremoti (tsunami). L’energia propagata da questa serie di onde è costante e varia a seconda di altezza e velocità. Quindi, quando l’onda si avvicina alla terra, la sua altezza aumenta mentre diminuisce la sua velocità. Nei casi più eclatanti le onde viaggiano a velocità elevate, fino a 700km/h, e la loro altezza può crescere fino a 30m quando raggiungono la linea di costa.
Per la ricaduta di materiale incandescente sul suolo vegetato o durante l’avanzamento di una colata lavica possono infine generarsi anche incendi.
Le ceneri vulcaniche
Le ceneri vulcaniche sono piccole particelle di magma, di dimensioni inferiori ai 2mm di diametro, che vengono immesse in atmosfera, raffreddate e consolidate, nel corso di un’eruzione. Sono composte prevalentemente da silicati e pertanto sono estremamente abrasive.
Perché sono pericolose
Le ceneri vulcaniche sono particolarmente insidiose per la difficoltà ad essere viste. Infatti, in caso di copertura nuvolosa, di oscurità notturna o semplicemente quando sono molto diluite (es. ad una certa distanza dal punto di emissione), risultano difficilmente distinguibili dalle normali nubi atmosferiche. Inoltre, i normali radar usati per la navigazione aerea non sono in grado di individuarle a causa delle loro piccole dimensioni.
Danni agli aeroplani
Un aeroplano che attraversa una zona interessata dalla presenza di ceneri vulcaniche, anche in quantità molto ridotte, è soggetto ad abrasione della propria superficie e in particolare della cabina di pilotaggio. Ne potrebbe conseguire l’opacizzazione dei vetri e, di conseguenza, si azzererebbe la visibilità da parte del pilota.
Inoltre, le ceneri vulcaniche – fondendo ad una temperatura inferiore alla normale temperatura di esercizio dei motori a getto – a contatto con le turbine, possono fondersi e saldarsi sulle loro superfici, causando l’occlusione dei fori di aereazione e ostacolando il regolare funzionamento dei motori, fino a determinarne nei casi più gravi l’arresto.
Le ceneri e i gas vulcanici possono inoltre interferire con l’elettronica di bordo causando malfunzionamento degli strumenti di navigazione e producendo forte odore di zolfo all’interno del velivolo.
Misure di prevenzione
Negli anni ’90 vennero istituiti 9 Volcanic Ash Advisory Centre-VAAC con il compito di fornire informazioni agli enti gestori del traffico aereo di ogni Stato sulla presenza e dispersione delle ceneri vulcaniche in atmosfera in tutto il mondo.
Le attività di Protezione Civile Cinisello Balsamo per il rischio vulcanico
Il Dipartimento, direttamente o in collaborazione con altri soggetti del Servizio Nazionale di Protezione Civile, svolge attività di previsione, prevenzione e mitigazione del rischio vulcanico sul territorio italiano e adotta misure per ridurre la perdita di vite umane e di beni in caso di eruzione.
Si occupa inoltre di seguire le fasi di gestione e superamento delle emergenze.
Previsione
Tra i rischi di protezione civile, quello vulcanico viene spesso considerato un rischio “prevedibile” perché si ritiene possano essere riconosciuti e misurati i fenomeni che pre-annunciano la risalita del magma verso la superficie, per questo detti “precursori” (terremoti, fratturazioni del terreno, deformazioni dell’edificio vulcanico, variazioni nell’emissione dei gas e delle temperature dei fluidi, ecc.). Si tratta però di una semplificazione che non tiene conto della complessità e dell’estrema variabilità delle fenomenologie vulcaniche e della difficoltà a valutarle e interpretarle.
È infatti più appropriato considerare i fenomeni precursori solo come indicatori di un processo in atto che se opportunamente e adeguatamente studiati, analizzati e monitorati, possono dare un’idea dello stato di attività del vulcano e delle sue possibili evoluzioni, consentendo di individuare eventuali anomalie. Per questo motivo, alcuni di questi parametri, vengono misurati attraverso reti di stazioni installate sui vulcani attivi e osservati con differenti metodologie, ad esempio, da satellite o con sorvoli o, più semplicemente, con sopralluoghi diretti sul campo.
Tuttavia, anche se questi fenomeni vengono studiati e monitorati puntualmente, non è possibile prevedere con certezza, anche per le peculiarità che caratterizzano ogni vulcano, quando e come potrà avvenire un’eruzione vulcanica. Allo stato attuale delle conoscenze, non è infatti ipotizzabile alcuna forma di previsione deterministica.
Alcune importanti informazioni rispetto al comportamento di un vulcano si possono trarre però dall’analisi accurata e approfondita della sua storia eruttiva. In questo senso, è possibile fare valutazioni di pericolosità in termini probabilistici, per capire che “tipo” di eruzione si verificherà, i possibili scenari e le aree che saranno eventualmente interessate dagli effetti dell’attività vulcanica. Queste valutazioni sono la base per individuare lo scenario di riferimento di un’eruzione futura e la perimetrazione delle aree potenzialmente soggette a fenomeni pericolosi, utilizzate nelle pianificazioni di emergenza (ad es. zona rossa e zona gialla del Vesuvio e dei Campi Flegrei).
Tuttavia, è bene ricordare che le previsioni di tipo probabilistico, non sono sempre possibili e non per ogni tipologia di fenomeno. Inoltre, queste previsioni sono fortemente condizionate dalla disponibilità di adeguate e numerose serie storiche di osservazioni collegabili all’effettivo verificarsi di eventi. Applicazioni di tipo probabilistico sono possibili solo per alcune fenomenologie che caratterizzano i vulcani attivi in forma permanente, ad esempio l’Etna e lo Stromboli, per i quali, si stanno sperimentando sistemi finalizzati all’individuazione “precoce”, nella loro fase iniziale, di eventi esplosivi di elevata intensità.
Riassumendo, la valutazione dello stato di attività di un vulcano e della sua possibile evoluzione, consiste in un complesso processo che si basa su:
- monitoraggio puntuale e costante dei parametri fisici e chimici e delle fenomenologie caratteristiche del vulcano;
- rilevamento tempestivo e comunicazione immediata di anomalie dei parametri o di eventi significativi che indicano un processo in atto;
- analisi della situazione in atto, in raffronto alla storia eruttiva, anche mediante la consultazione di esperti nell’ambito della comunità scientifica di settore.
Tutte queste informazioni consentono alle strutture di protezione civile sia locali sia nazionali di elaborare le valutazioni di rischio di competenza e di attivare le eventuali misure di allertamento e di risposta operativa.
Il soggetto istituzionalmente preposto all’attività di monitoraggio e sorveglianza dei vulcani italiani è l’INGV-Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. In particolare, i vulcani dell’area campana sono monitorati dall’Osservatorio Vesuviano presso la sezione dell’Ingv di Napoli. I vulcani dell’area siciliana sono monitorati dalla Sezione dell’Ingv di Catania-Osservatorio Etneo. All’attività di monitoraggio dei parametri dell’attività vulcanica concorrono anche altre sezioni dell’Ingv (ad esempio, quella di Palermo) nonché da Università e altri Istituti di ricerca.
A supporto della valutazioni di rischio di competenza del Servizio nazionale della protezione civile opera la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei Grandi Rischi, massimo organo di consulenza scientifica del Dipartimento della protezione civile, attraverso una propria sezione dedicata al rischio Vulcanico, composta da alcuni dei maggiori esperti vulcanologi a livello nazionale.
Livelli di allerta per il rischio vulcanico
Per consentire l’elaborazione delle pianificazioni di emergenza relative ai vulcani attivi in Italia, in linea con quanto previsto anche a livello internazionale, sono stati individuati per il Vesuvio, i Campi Flegrei, l’Etna, lo Stromboli e l’isola di Vulcano specifici “livelli di allerta” che descrivono lo stato di attività di ciascun vulcano, indicando se si trova in una condizione di equilibrio o disequilibrio.
Per questi cinque vulcani, i livelli di allerta vengono già utilizzati mentre sono in via di elaborazione quelli per il vulcano Ischia.
I livelli di allerta sono individuati sulla base della combinazione di parametri di monitoraggio e di dati relativi a eventuali eventi in corso. Sono rappresentati attraverso quattro colori – verde, giallo, arancione e rosso – che sono indicativi della possibile evoluzione dello stato di attività del vulcano verso scenari di evento “di rilevanza nazionale” che richiedono cioè di essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, attraverso l’intervento coordinato di una pluralità di soggetti (art.2, comma 1 lettera c della legge 225/92). È il caso di vulcani come Vesuvio e Campi Flegrei.
L’Etna, lo Stromboli e l’isola di Vulcano invece sono caratterizzati da una tipologia di attività vulcanica che può comportare anche eventi di impatto locale che non necessariamente evolvono verso scenari di rilevanza nazionale. Per questo motivo, per questi vulcani sono stati individuati, anche scenari riferibili a fenomeni di scala, intensità e impatto tali da determinare situazioni di emergenza di livello locale, fronteggiabili dai soggetti competenti in via ordinaria (Regione e Comuni).
I livelli di allerta sono dichiarati dal Dipartimento della protezione civile, in stretto raccordo con le rispettive strutture di protezione civile regionali, sentito il parere, se i tempi e le modalità di evoluzione delle fenomenologie vulcaniche lo consentono, della Commissione Grandi Rischi – Settore Rischio Vulcanico. La valutazione si basa sulle segnalazioni delle fenomenologie e sulle valutazioni di pericolosità rese disponibili dall’Ingv-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dagli altri Centri di Competenza, con particolare riguardo, per i vulcani siciliani, al Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Firenze.
Per ogni vulcano, il passaggio da un livello di allerta al successivo può avvenire in anticipo rispetto al verificarsi delle fenomenologie, se le informazioni fornite dai Centri di Competenza lo consentono. In caso contrario, il passaggio può essere decretato a fenomeno osservato, quindi avvenuto o in corso. A questo proposito è utile sottolineare che il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività dei vulcani, anche del tutto impreviste.
Occorre tener presente che alcune fenomenologie sono del tutto imprevedibili e improvvise – come l’attività esplosiva violenta all’Etna e allo Stromboli o l’attività esplosiva freatica e l’esalazione di gas sull’isola di Vulcano – pertanto anche quando il livello di allerta è “verde” il rischio per questi vulcani non è mai assente. Quando si verificano questi eventi, non necessariamente viene variato il livello di allerta, poiché si determina una condizione di “emergenza locale” che richiede l’attivazione della risposta operativa delle strutture territoriali di protezione civile.
Vulcani in Italia
Uno dei parametri considerati dalla comunità scientifica internazionale per classificare i vulcani italiani è lo stato di attività, in base al quale si suddividono in estinti, quiescenti ed attivi.
Vulcani estinti
Si definiscono estinti i vulcani la cui ultima eruzione risale ad oltre 10mila anni fa. Tra questi ci sono i vulcani Salina, Amiata, Vulsini, Cimini, Vico, Sabatini, Isole Pontine, Roccamonfina e Vulture.
Vulcani quiescenti
Si tratta di vulcani che hanno dato eruzioni negli ultimi 10mila anni ma che attualmente si trovano in una fase di riposo. Secondo una definizione più rigorosa, si considerano quiescenti i vulcani il cui tempo di riposo attuale è inferiore al più lungo periodo di riposo registrato in precedenza. Si trovano in questa situazione: Colli Albani, Campi Flegrei, Ischia, Vesuvio, Lipari, Vulcano, Panarea, Isola Ferdinandea e Pantelleria. Tra questi, Vesuvio, Vulcano e Campi Flegrei, hanno una frequenza eruttiva molto bassa e si trovano in condizioni di condotto ostruito. Non tutti i vulcani quiescenti presentano lo stesso livello di rischio, sia per la pericolosità dei fenomeni attesi, sia per la diversa entità della popolazione esposta. Inoltre alcuni presentano fenomeni di vulcanismo secondario – come degassamento dal suolo, fumarole – che nell’ordinario possono indurre a situazioni di rischio.
Vulcani attivi
Infine, si definiscono attivi i vulcani che hanno dato eruzioni negli ultimi anni. Si tratta dei vulcani Etna e Stromboli che eruttano frequentemente e che, per le condizioni di attività a condotto aperto, presentano una pericolosità ridotta ed a breve termine.
Vulcani sottomarini
L’attività vulcanica in Italia è concentrata anche nelle zone sommerse del Mar Tirreno e del Canale di Sicilia. Alcuni vulcani sottomarini sono ancora attivi, altri ormai estinti rappresentano delle vere e proprie montagne sottomarine. Oltre ai più noti Marsili, Vavilov e Magnaghi, vanno ricordati i vulcani sottomarini Palinuro, Glauco, Eolo, Sisifo, Enarete e i numerosi apparati vulcanici nel Canale di Sicilia.
Sei preparato al rischio vulcanico?
L’Italia, insieme all’Islanda, presenta la maggiore concentrazione di vulcani attivi in Europa ed è uno dei primi al mondo per numero di abitanti esposti a rischio vulcanico. Vulcani attivi o potenzialmente attivi interessano l’Italia meridionale con diverso grado di pericolosità.
Chi vive o si trova in una zona vulcanica deve informarsi sul piano d’emergenza del proprio comune per poter adottare, in caso di eruzione, i comportamenti indicati dalle autorità di protezione civile e attuare correttamente le operazioni di evacuazione, se previste.
Durante le fasi di crisi è facile che si diffondano notizie errate che possono ostacolare l’intervento di soccorso. Per questo, è importante seguire esclusivamente le indicazioni delle autorità di protezione civile diffuse attraverso la radio, le televisioni, la stampa quotidiana, internet e i numeri verdi attivati.
In caso di eruzione è inoltre importante rispettare i divieti di accesso alle aree interessate. Avvicinarsi alle zone crateriche è pericoloso anche in assenza di attività eruttiva perchè fenomeni esplosivi improvvisi o emissioni di gas sono sempre possibili.
In caso di colate di lava
Non avvicinarti a una colata di lava attiva anche quando defluisce regolarmente. Sono molto calde, sprigionano gas, possono dare luogo a rotolamenti di massi incandescenti e repentine esplosioni
Anche dopo la fine dell’eruzione non camminare sulla superficie di una colata lavica. Le colate mantengono per anni il loro calore.
In caso di bombe vulcaniche
Informati se la zona in cui ti trovi è soggetta a ricaduta di materiali grossolani. È un fenomeno altamente distruttivo per gli edifici che pertanto, in questi casi, non costituiscono un valido rifugio.
Prendi visione del piano di emergenza del tuo comune e preparati ad una eventuale evacuazione. L’allontanamento preventivo dall’area interessata è l’unica forma di difesa possibile.
In caso di ceneri vulcaniche
La caduta di ceneri vulcaniche, anche per periodi prolungati, non costituisce un grave rischio per la salute. Tuttavia, la prolungata esposizione alle ceneri più sottili (meno di 10 micron) può provocare moderati disturbi all’apparato respiratorio. Inoltre, il contatto con gli occhi può causare congiuntiviti e abrasioni corneali. Pertanto, è opportuno prendere alcune precauzioni e assumere comportamenti idonei a ridurre l’esposizione, soprattutto per alcune categorie di soggetti: persone affette da malattie respiratorie croniche (asma, enfisema, ecc.); persone affette da disturbi cardiocircolatori; persone anziane e bambini.
Durante le fasi di caduta delle ceneri (o durante le giornate ventose se la cenere è già al suolo) è consigliabile rimanere in casa con le finestre chiuse o comunque uscire avendo cura di indossare una mascherina per la protezione dalle polveri e possibilmente occhiali antipolvere. Tali dispositivi di autoprotezione sono particolarmente indicati per le categorie a rischio sopra citate e per coloro che svolgono attività professionali all’aperto.
In caso di contatto con gli occhi evitare di strofinarli, ma lavarli abbondantemente con acqua.
Provvedere a rimuovere periodicamente le ceneri dai propri ambienti, avendo cura di bagnarne preventivamente la superficie, al fine di evitare il sollevamento e la risospensione delle parti più sottili. Durante queste operazioni indossare i suddetti dispositivi di autoprotezione.
Provvedere a rimuovere periodicamente le ceneri accumulatesi sui tetti delle case, con l’ausilio di adeguati mezzi di sicurezza (ponteggi e imbracature), al fine di evitare un sovraccarico eccessivo sulle coperture e prevenire possibili crolli, nonché l’intasamento dei canali di gronda.
Non disperdere le ceneri lungo le strade, ma raccoglierle in sacchetti da deporre nei punti di raccolta individuati dall’amministrazione comunale. Le ceneri infatti possono intasare le reti di smaltimento delle acque, le reti fognarie e costituire un pericolo per la circolazione stradale.
Guidare con particolare prudenza nei tratti di strada coperti di cenere. Evitare l’uso di motocicli.
La frutta e la verdura eventualmente ricoperte di cenere possono essere consumate dopo un accurato lavaggio.
Gli animali da compagnia (cani, gatti, ecc.) dovrebbero essere tenuti in casa.
La cenere vulcanica ingerita dagli animali al pascolo può provocare serie conseguenze sull’apparato digerente. Pertanto, in caso di abbondante caduta di ceneri, è consigliabile approvvigionare il bestiame con foraggio privo di ceneri.
In caso di emissioni gassose
Evita di sostare o campeggiare in aree vulcaniche o inoltrarti in ambienti sotterranei. L’anidride carbonica è un gas inodore più pesante dell’aria e letale se in concentrazioni elevate.
Non pensare di essere al sicuro se sosti lontano dalla zona del cratere. Possono esserci emissioni di gas anche in aree più lontane.
In caso di colate piroclastiche
Preparati a un’eventuale evacuazione. L’unica difesa da questo tipo di colate è l’allontanamento preventivo dall’area che potrebbe essere investita da questo fenomeno eruttivo.
In caso di colate di fango
Segui il piano di protezione civile che indica le aree di attesa e allontanati dalle zone a rischio. Le ceneri fini possono innescare pericolose colate di fango che si riversano lungo i corsi d’acqua.
Via E. de Amicis, 42, 20092 Cinisello Balsamo (MI)
331 5321787
info@protezionecivilecinisellobalsamo.it
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